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Maturità, i 100 con lode (strameritati) di una classe del Sud

Lo confesso: sono colpevole. Anche quest’anno, come avviene da ormai da più di vent’anni, il Ministero mi ha nominato commissario per gli esami di stato liceali. Quest’anno sono stato membro interno, in una commissione formata da tre docenti interni, tre esterni più un presidente esterno. Nel mio liceo, il San Benedetto di Conversano, dove ha operato la commissione di cui ho fatto parte, hanno affrontato gli esami conclusivi del ciclo scolastico superiore circa 200 alunni, divisi in otto classi. Sono stati complessivamente 5 i ragazzi licenziati con il massimo dei voti, il tanto agognato 100 e lode. Fin qui tutto bene: la percentuale è molto al di sotto della media regionale pugliese e del tutto in linea con la media nazionale, simile a quella di gran parte delle regioni settentrionali. Però, e qui iniziano i problemi, dei suddetti cinque 100 e lode, la maggior parte, ben tre sono stati assegnati a miei alunni (in realtà, ragazze) dalla commissione di cui ho fatto parte. La classe che frequentavano, la mia tanto amata Quinta sez. B, era composta da 21 ragazze. Quindi tre su ventuno, per tacere di un quarto 100 senza lode che è stato assegnato ad un’altra ragazza della classe. La percentuale si impenna, e come si impenna! Va ben al di sopra della media nazionale, forse supera anche quella regionale pugliese.

E allora? Forse io e gli altri due commissari interni (per la verità, due gentilissime colleghe, dotate di notevole professionalità ed esperienza) siamo riusciti a raggirare i tre commissari esterni (in realtà, tre docenti provveduti di eccellente competenza nelle loro discipline, notevole indipendenza di giudizio, rigore quasi sabaudo nell’esercizio del compito assegnato) e la presidente di commissione (una dirigente assai nota di una scuola barese, che in virtù della sua riconosciuta competenza professionale il Ministero ha utilizzato ed utilizza in tutta Italia, affidandole anche incarichi delicati), convincendoli, e riducendoci anche noi, a mettere tra parentesi la dignità professionale, a gettare alle ortiche anni ed anni di buon senso scolastico ed ad abbracciare una linea sbracata nel valutare le conoscenze, le competenze e le capacità degli alunni? A qual pro, poi?

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Esami di maturità nel 2012 – foto flickr/Biblioteca Fondazione Mach – CC BY-NC-ND 2.0

Non posso certo illustrare i curricola scolastici delle tre ragazze lodate ma posso dire che tutte e tre, come richiede la legge, disponevano nel loro ultimo triennio di studi liceali di una media di voti superiore al 9.6, in un caso addirittura superiore al 9.8, e con votazioni in ogni disciplina mai minore del nove; tutte e tre sono riuscite a raggiungere il massimo dei voti nelle tre prove scritte d’esame che hanno sostenuto (si tenga presente che nel caso delle prove scritte, la valutazione pur collegiale e dipendente da criteri definiti a priori dalla commissione sulla base del dettato di legge, trova un elemento forte nel giudizio dei commissari esterni) e, ed è questo che volevo sottolineare, anche nel colloquio orale che verte su tutte le discipline studiate l’ultimo anno di corso. Questo colloquio, assai temuto dagli esaminati soprattutto perché li mette di fronte alla commissione al completo, ai loro sguardi arcigni ed indagatori, ad un fuoco di fila di domande a cui rispondere, oltre che correttamente, con prontezza e ampiezza di argomentazione, prevede la possibilità per il candidato di presentare una cosiddetta “tesina”, lavoro che, partendo da un argomento da lui scelto, mostri che abbia sviluppato la consapevolezza dell’unità del mondo culturale e che quindi sappia collegare tramite esso tutte le discipline studiate. La “tesina” può essere sviluppata con varie modalità, ad esempio in modo laboratoriale o multimediale. Apparentemente essa è quindi un elemento di facilitazione del colloquio orale per il candidato: la discussione tra lui e la commissione, della durata complessiva di circa un’ora, dovrà prendere spunto dalle questioni sollevate nella “tesina”, benché non riguarderà solo gli argomenti da lui presentati. In realtà, è un’arma a doppio taglio molto pericolosa. Infatti oltre che richiedere un vero e proprio percorso di ricerca, pur se in sedicesimo, per idearla e prepararla (se la “tesina” è copiata, riciclata, o ancora scaricata sic e simpliciter dalla rete, appare evidentissimo fin dalle prime battute della discussione, e chi ha un minimo di esperienza di esami di stato lo può confermare agevolmente), essa necessita di una conoscenza non superficiale degli argomenti trattati, oltre che di una capacità di definirli esattamente, per far sì che i collegamenti non siano pretestuosi o, peggio, improvvisati. Infine richiede una certa dose di creatività, o capacità di innovazione, per non cadere nel più trito già sentito, elemento pregiudizialmente negativo per i commissari.

Bene, nel caso in esame i tre lavori presentati erano caratterizzati da notevole originalità e legati a passioni profonde delle ragazze, a quel loro mondo che la scuola cerca di comprendere, arricchire e dotare di un ordine e significato non emotivo, per permettere loro di trasformarlo in un futuro e in una attività lavorativa utile per tutta la comunità. Oltre che, ovviamente, corretti in ogni loro parte e nei collegamenti, ben costruiti, eccellenti nel modo in cui venivano presentati e discussi. Una delle tre, una ragazza che studia da soprano nel conservatorio barese e che quindi, in questi anni, si è impegnata oltre che gli studi liceali anche a quelli musicali, eccellendo in entrambi, ha presentato un lavoro multimediale con al centro un paio di romanze che allora stava studiando e di cui ci ha fornito un saggio di esecuzione. Romanze che ha contestualizzato dal punto di vista storico, culturale ed artistico, il cui spartito ha analizzato dal punto di vista matematico, con riferimenti al programma studiato di questa disciplina, e delle cui particolarità di emissione vocale ha discusso, richiamando le leggi fisiche pertinenti, le questioni biologico-anatomiche che entrano in gioco nell’esecuzione, nonché, dato che in un caso il testo di esse era in tedesco e nell’altro in inglese ma non in quelli correnti, bensì in quelli dei secoli passati, ha discusso in lingua le loro specificità. Similmente la seconda ragazza, appassionata di grafica e che in questi anni ha frequentato stages professionali in agenzie pubblicitarie ed altro, è partita da una sua opera grafica, molto intrigante, che ha illustrato nel dettaglio, per condurre la sua discussione con la commissione. Infine la terza ragazza, che ha avuto modo nell’anno conclusivo dei suoi studi liceali, selezionata per il progetto “Treno della memoria” della Regione Puglia, di studiare e visitare di persona i campi nazisti di Terezin, di Auschwitz, in Boemia e Polonia, e di Fossoli, nel modenese, ha messo al centro della sua “tesina” questa sua esperienza di studio, sviluppando un lavoro di alto profilo oltre che culturale, anche morale, interrogandosi e interrogando anche le nostre coscienze di esseri umani e mettendoci di fronte alla realtà che ancora oggi, pur nella diversità dei tempi storici e sociali, in molto di quello che accade anche nella nostra cara Europa, c’è qualcosa di quel passato.

Conclusione di tutto ciò? Forse è questo quello di cui dobbiamo parlare, quando vogliamo parlare di scuola. Lasciando da parte percentuali che a volte ai più maliziosi ricordano il pollo di Trilussa o presunte non congruenze dei risultati degli esami di stato con i risultati di test Invalsi che, per altro, sono costruiti per valutare a partire da un modello di scuola e di insegnamento, quello anglosassone, che da tanti punti di vista ha ben poco a che fare con il nostro. Modello di scuola quello italiano, forse è bene non dimenticarlo, che pur con tutti i suoi limiti ha trasformato in pochi decenni un Paese per secoli povero e con un gran numero di analfabeti in un Paese sviluppato e alfabetizzato. E che forse farebbe bene a ripartire da esso, migliorandolo ma non stravolgendolo, per cercare un nuovo futuro.

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